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Il piegatore

Ultimo Aggiornamento: 27/09/2008 16:49
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Post: 17
Città: MILANO
Età: 45
Sesso: Maschile
27/09/2008 16:49

13/12/07
Q. :: 13:06 13/12/07 :: 85 risposte :: [rating 7]


[maranza::post]
si, ma fino a che non avrai dimostrato che è possibile, non puoi negare che sia impossibile.




Al di là della grande pianura scorreva un ampio fiume placido, attraversato il quale incominciava una profonda e tormentata valle, alla fine della quale si ergeva un picco altissimo, sulla cima del quale sedeva il Grande Saggio.

Al di qua della grande pianura, prima dell'ampio fiume placido, dalla parte opposta della profonda e tormentata valle e ben lungi dal picco altissimo, un giovane monaco si interrogava. Pervaso da genuina curiosità, amava discutere con gli altri monaci sul bene e sulla sapienza, sull’ampiezza dei continenti e della mente umana, sulle seicentotré possibili forme di Shiva-Ra e sulla possanza delle Immense Libellule che reggono il mondo su ali di seta; ma la sua lingua non era arrotata come quella dei suoi compagni. Spesso si ritrovava privo di argomenti e non era capace di procedere oltre, trovandosi costretto ad abbandonare la discussione e arrendendosi quasi sempre alla vittoria dialettica altrui.

Un giorno si decise a chiedere consiglio per risolvere la questione che lo crucciava e diventare infine un invincibile oratore: avrebbe attraversato la grande pianura, guadato l’ampio fiume placido, percorso la profonda e tormentata valle, scalato il picco altissimo e sulla cima avrebbe trovato il Grande Saggio. Perciò attraversò la grande pianura, guadò l’ampio fiume placido, percorse la profonda e tormentata valle, scalò il picco altissimo e sulla cima trovò il Grande Saggio.

- Cosa ti è di preoccupazione, mio giovane e tormentato discepolo?
- Maestro, fonte di bene e sapienza, esploratore del mondo e camminatore della mente umana, conoscitore delle seicentotré possibili forme di Shiva-Ra e misuratore della possanza delle Immense Libellule che reggono il mondo su ali di seta, parlami di queste cose acciocché io ne sappia e possa interloquire nelle discussioni al monastero, tra tutti distinguendomi nell’eloquenza.
- Mio giovane e tormentato discepolo, gli occhi della mia mente hanno esplorato tante cose: il bene e la sapienza, l’ampiezza dei continenti e della mente umana, le seicentotré possibili forme di Shiva-Ra e la possanza delle Immense Libellule che reggono il mondo su ali di seta; ma di queste cose non posso renderti edotto.
- Perché, Maestro?
- Non ti dirò, mio giovane e tormentato discepolo, che sei troppo stupido per capirle, ma lascerò cadere la tua domanda in un ostinato silenzio.
E tacque.
- Maestro, come posso dunque eccellere nell’arte oratoria, svettando tra gli altri monaci e riuscendo ad avere sempre l’ultima parola in ogni discussione?
- Esiste un modo, mio giovane e tormentato discepolo, che è riservato a pochi ma che forse tu riuscirai a padroneggiare. Ma dovrai impararlo per tuo conto. Ecco, prendi questo grosso e ponderoso libro, la cui copertina è di cartone rivestito rigido, le cui pagine sono più di mille, riempite di segni a noi ignoti in una lingua che è propria di altrove, prendilo, vai, e torna quando l’avrai piegato.
- Piegato, maestro?
- Piegato, mio giovane e tormentato discepolo.

Il monaco prese il grosso e ponderoso libro, la cui copertina era di cartone rivestito rigido, le cui pagine erano più di mille, riempite di segni a lui ignoti in una lingua che era propria di altrove, e trovò un riparo dove sarebbe potuto restare nel tempo che gli sarebbe servito per tentare di piegarlo. Ma per quanto come tutti i monaci egli fosse allenato nelle discipline della lotta fisica e per quanti sforzi impiegasse, per undici giorni e undici notti non riuscì a piegare il libro.
Preso dalla rabbia, il monaco scaraventò il libro a terra, con foga ne strappò alcune pagine e le accartocciò. Quindi contemplò le pagine accartocciate ed ebbe un’intuizione, s’illuminò per un istante ma poi l’intuizione gli sfuggì dalla mente. Preso dalla rabbia, il monaco scaraventò il libro a terra, con foga ne strappò alcune pagine e le accartocciò. Quindi contemplò le pagine accartocciate ed ebbe un’intuizione, s’illuminò per un istante ma poi l’intuizione gli sfuggì dalla mente. Preso dalla rabbia, il monaco scaraventò il libro a terra, con foga ne strappò alcune pagine e le accartocciò. Quindi contemplò le pagine accartocciate ed ebbe un’intuizione, s’illuminò per un istante ma poi l’intuizione gli sfuggì dalla mente.
Infine capì.
Dopo altri undici giorni e undici notti tornò dal Grande Saggio.

- Maestro, ho piegato il grosso e ponderoso libro, la cui copertina è di cartone rivestito rigido, le cui pagine sono più di mille, riempite di segni a noi ignoti in una lingua che è propria di altrove.
E gli mostrò una pila ordinata di fogli, piegati uno ad uno nel mezzo. Al fondo della pila stava la copertina del libro, anch’essa faticosamente piegata a metà. Il Grande Saggio inarcò le sopracciglia.
- Mio giovane e tormentato discepolo, hai capito e imparato meglio e più in fretta di quanto osassi sperare. Ora va’ e metti in pratica quello che hai appreso.
- Ma Maestro, io non sento di avere appreso nulla! Credevo che volessi solo mettermi alla prova, prima di rivelarmi il bene e la sapienza, l’ampiezza dei continenti e della mente umana, le seicentotré possibili forme di Shiva-Ra e la possanza delle Immense Libellule che reggono il mondo su ali di seta.
- Mio giovane e tormentato discepolo, no. Tu sei tanto pronto quanto è possibile che tu sia pronto. Vedrai, da adesso in poi sarai in grado di avere sempre l’ultima parola, e tutti i monaci temeranno di discutere con te. Ora, mio giovane e tormentato discepolo, vai.
- Maestro, se tu lo dici allora deve essere vero, perciò io ti ringrazio. Discenderò il picco altissimo, percorrerò la profonda e tormentata valle, guaderò l’ampio fiume placido e attraverserò la grande pianura, e tornerò al monastero.

E detto questo discese il picco altissimo, percorse la profonda e tormentata valle, guadò l’ampio fiume placido e attraversò la grande pianura, e tornò al monastero.
Quivi, dapprima un poco timoroso poi sempre più sicuro dei suoi mezzi, ricominciò a discettare con gli alti monaci sul bene e sulla sapienza, sull’ampiezza dei continenti e della mente umana, sulle seicentotré possibili forme di Shiva-Ra e sulla possanza delle Immense Libellule che reggono il mondo su ali di seta.
Affrontò mille e mille discussioni con rinnovata possanza dialettica, che gli avversari spesso abbandonavano per sfinimento e spossatezza, e ne uscì sentendosi invariabilmente vincitore e soddisfatto.
Anche se gli altri monaci lo detestavano e spesso cercavano di non discutere con lui, egli sapeva che costoro erano solo gelosi del suo successo e della sua abilità: lo evitavano solo per non essere di nuovo battuti in eloquenza. Alla fine di ogni giornata ringraziava gli Dei e il Grande Saggio per avergli permesso di essere ciò che era diventato. Accanto al suo letto, al centro dell’altare di Shiva-Ra, svettava la copertina piegata in due del grosso e ponderoso libro, le cui pagine erano più di mille, riempite di segni a lui ignoti in una lingua che era propria di altrove. Se lui avesse conosciuto quella lingua, sulla copertina avrebbe saputo leggere “Dizionario”.

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